VIAGGIARE: UN FENOMENO INARRESTABILE PER L’UOMO
La storia del turismo si perde nel passato in una visione quasi mitica essendo il desiderio di viaggiare e di scoprire luoghi sconosciuti antico quanto l’umanità… Noi lo conosciamo con le motivazioni e le modalità odierne, ma i primi esempi di viaggio che in qualche modo richiamano quelli che si compiono oggigiorno, risalgono al XVII secolo.
Datare l’inizio del fenomeno turistico non è facile. Si può affermare, tuttavia che l’uomo, fin dalla sua esistenza, ha viaggiato e si è spostato di lungo in largo per l’istinto di sopravvivenza, creando in questo modo forme primordiali di turismo. La prima civiltà a determinare una svolta nel modo di intendere il viaggio fu quella greca, per la quale il viaggiatore era considerato una persona sacra, un messaggero degli dei ed era la stessa religione greca a favorire l’abitudine di recarsi laddove si riteneva che gli dei pronunciassero i loro oracoli. Con il passare del tempo, il culto tipicamente greco si diffuse anche nel mondo romano, così come i conseguenti pellegrinaggi verso i santuari delle divinità. I viaggi vennero facilitati non soltanto per l’eccellente rete stradale romana, ma anche da una maggiore prosperità economica, alimentati da motivazioni di carattere religioso, culturale e di svago. In questo periodo, inoltre, risalgono le primissime strutture ricettive chiamate “stationes” che offrivano ai visitatori vitto e alloggio. Sia nel mondo greco che in quello romano, gli spostamenti si effettuavano soprattutto a scopo terapeutico: la cura del corpo e la voglia di sfuggire alla noia e alla depressione, fecero diffondere la passione per le terme dando luogo ad una forma di turismo organizzato, con la nascita di strutture ricettive anch’esse organizzate. Alla caduta dell’Impero Romano fino all’età di Carlo Magno, i viaggi divennero molto rari a seguito delle innumerevoli invasioni barbariche che, nei secoli, assediarono l’Impero; le stesse ville di campagna, una volta destinate a villeggiatura, furono trasformate in luoghi di difesa. Ma con l’avvicinarsi del Medioevo, in una situazione di pace apparente, i viaggi fecero il loro ritorno e, in questo periodo storico, cominciarono ad essere vissuti come uno stile di vita. La figura che incarna questa nuova ideologia è quella del cavaliere che abbandona il proprio luogo di origine, spinto dalla brama di conquistare nuovi territori. Il viaggio, che per gli antichi era determinato dalle necessità e che sottostava alla volontà divina, diventò in epoca medievale un’esperienza di libertà e un mezzo di conquista. In epoca medievale, però, non viaggiavano soltanto i cavalieri; in particolare, si ebbe una forte ripresa del pellegrinaggio verso i luoghi di culto (Padova, Roma, Tours, Santiago de Compostela, Canterbury o Gerusalemme per il mondo cristiano, la Mecca e Medina per il mondo islamico) favorite sia grazie ad importanti vie di comunicazione ma anche grazie all’ospitalità fornita dai diversi ordini religiosi che i pellegrini incontravano durante il loro cammino. Furono proprio le chiese, le abbazie e i monasteri gli unici luoghi dove trovare un alloggio sicuro, presso i quali i viandanti trovavano accoglienza senza pagare nulla, ma spesso donavano offerte spontanee per l’ospitalità ricevuta. Durante il periodo delle esplorazioni geografiche si cominciò ad assistere al tramonto della stagione dei pellegrinaggi, lasciando spazio ad una nuova concezione di viaggio, basato sulla conquista di nuovi territori, avviare attività commerciali con paesi lontani, intraprendendo così nuove avventure in terre mai conosciute prima d’ora. Più tardi, durante il Rinascimento, si segnò un netto cambiamento nell’interpretazione del viaggio coinvolgendo un nuovo pubblico, anche di età e condizione sociale differente e che viaggiava per mesi se non per anni, componendo un proprio diario, utile al fine di raccogliere le proprie riflessioni e narrazioni dell’esperienza vissuta, ponendo così il viaggio come mezzo della conoscenza da una parte e del piacere del divertimento dall’altra. Questa nuova concezione cominciò a diffondersi capillarmente in Europa e si personificò nell’entusiasmo del viaggio in Italia; questo “giro” presto divenne una moda che, tra il Cinquecento e l’Ottocento, prese il nome di “Grand Tour”. Questo fenomeno, noto come pratica dell’aristocrazia nordeuropea desiderosa di ampliare la propria cultura visitando Paesi stranieri, può essere considerato il primo esempio di turismo moderno: i giovani aristocratici principalmente inglesi e i figli delle ricche famiglie borghesi arricchivano, attraverso il viaggio, la propria formazione culturale basata sullo studio del mondo classico visitando, soprattutto l’Italia e la Francia, sedi di importanti testimonianze storico-artistiche. Il viaggio, perciò, diventò espressione di un’esigenza interiore che si apriva al diverso e alle altre culture, dettata dalla voglia di conoscenza oppure dal semplice piacere di viaggiare. Durante il viaggio di formazione, i giovani non si limitavano ad annotare le proprie osservazioni ma ricavavano insegnamenti pratici, imparavano le lingue, conoscevano uomini importanti e registravano aneddoti e curiosità. Nella seconda metà del Settecento, con il diffondersi delle idee romantiche, l’Italia attrasse molti viaggiatori alla ricerca del pittoresco e del tenebroso, tanto che l’antica rovina e il “Belvedere” assunsero a canoni dell’estetica turistica. A differenza di quanto accadde nel secolo dei Lumi, nel corso dell’Ottocento, l’ulteriore miglioramento delle vie di comunicazione, in particolar modo lo sviluppo del trasporto marittimo, permisero ai viaggiatori di espandersi oltre il continente europeo: era l’inizio del viaggio esotico come l’India, il Sud Africa, l’Australia e la Nuova Zelanda che si affermerà, poi, sul finire del XX secolo. Inoltre, in questo periodo, la durata del viaggio si ridusse notevolmente visto che raramente superava i quattro mesi, cambiò l’età dei viaggiatori che non furono più solo ragazzi ma adulti, e il loro status sociale al quale si aggiunsero ai giovani aristocratici scrittori, filosofi e artisti. Ma l’evento volto a cambiare la concezione di viaggio si ebbe in Inghilterra nel 1841 quando nacque la prima agenzia di viaggio della storia: la Thomas Cook. L’idea di organizzare viaggi venne a Thomas in occasione dell’inaugurazione della Ferrovia Midland Country, dove egli propose la prima gita collettiva da Leicester a Loughborough in treno al prezzo di un solo scellino per ciascun viaggiatore. Cook pianificò l’intero pacchetto a regola d’arte in formula “all-inclusive” dal biglietto all’accoglienza fino ai pasti. In quanto tipografo, Thomas promosse questo evento stampando una moltitudine di volantini e questa sua strategia ebbe un successo senza precedenti che gli permise di aprire la sua prima agenzia di viaggi. Negli anni la “Thomas Cook” poté oltrepassare i confini inglesi e proporre itinerari europei. L’agenzia curava ogni aspetto al fine di fornire un servizio completo ai clienti. Grazie agli accordi con gli alberghi e i ristoranti i clienti potevano soggiornare a prezzi agevolati, mentre l’emissione di speciali “note circolari” permettevano di viaggiare all’estero senza cambiare moneta. Con l’arrivo del figlio John Mason, l’agenzia si consolidò maggiormente organizzando pacchetti in giro per il mondo: un tour di sette mesi dagli USA all’Estremo Oriente, passando per il Mar Rosso e il Mediterraneo. Nel corso del tempo la “Thomas Cook” continuò a crescere e ad essere produttiva finché lo scorso settembre venne collassata dalla concorrenza digitale del settore viaggi e dalle compagnie aeree low cost dichiarando, dopo quasi due secoli di attività, il fallimento dell’agenzia di viaggi più vecchia al mondo, pioniera di un turismo che rivoluzionò la storia e il modo di viaggiare. Senza ombra di dubbio Thomas Cook lasciò un segno nella storia del turismo moderno, reputandolo quale inventore non soltanto del “viaggio organizzato”, ma anche di quel turismo che, in seguito, prenderà il nome di turismo di massa. Infatti, verso la fine del XIX secolo, a seguito di un incremento della popolazione mondiale e del vorticoso aumento dello sviluppo industriale e commerciale, fece prevalere una libertà di movimento di merci e persone. Il fattore decisivo fu la modernizzazione dei mezzi di trasporto che, unita alla diffusione del progresso economico, offrì la possibilità di effettuare i viaggi più frequentemente e in totale sicurezza. Durante la fine dell’Ottocento si assistette ad una forma primordiale di turismo di massa, ma la sua vera esplosione si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, quando i flussi turistici cominciarono ad utilizzare mezzi di trasporto quali i pullman, le auto e i voli charter. La grande diffusione dei viaggi in pullman contribuì a creare l’immagine di gruppo organizzato, senza tralasciare che anche l’automobile fu il simbolo d’eccellenza del turismo di massa: a partire dagli anni ’30 in America e dalla fine degli anni ’50 in Italia, le ambite auto della Fiat quali la 500 o la 600 contribuirono allo sviluppo della modernità e al boom economico italiano. Se il treno era il simbolo del turismo Ottocentesco e della prima metà del Novecento, gli emblemi del turismo moderno diventarono l’automobile – protagonista indiscussa – e l’aereo. Questi cambiamenti culturali e tecnologici si accompagnano alla crescita economica dell’Europa e del mondo occidentale, garantendo l’acquisto dei servizi turistici a fasce sempre più ampie. In seguito nascono strutture ricettive meno costose e si diffondono i campeggi, ma questa è storia che appartiene già al nostro presente: complesso, sfuggente, imprevedibile, caratterizzato da tensioni politiche e sociali, quali l’attentato delle Twin Towers nel 2001, alla guerra in Iraq oppure alla diffusione della Sars o dell’attuale Coronavirus che hanno danneggiato pesantemente sul tessuto turistico mondiale. A questo si aggiunge il processo di globalizzazione di cui il settore turistico non poteva non risentirne: la standardizzazione del servizio a cui molte aziende ambiscono rischia di far perdere il valore della diversità e dell’unicità del prodotto che invece il mercato richiede. Auspichiamo, dunque, che il ruolo centrale svolto dal turismo nella crescita culturale e sociale dell’individuo non venga mai a mancare e continui a rappresentare uno strumento di valorizzazione e di supporto sia economico che culturale.
Marco Rinaldo
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