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… E NAPOLI REGALÒ GLI SPAGHETTI AL MONDO!

STORIA DELLA CUCINA ITALIANA: GLI SPAGHETTI

 


Gli spaghetti al pomodoro sono forse il piatto italiano più popolare al mondo, eppure di italiano non ha quasi nulla e gli ingredienti vengono da molto lontano. Ma l’identità non corrisponde quasi mai alle radici perché esse non sono mai ciò che eravamo. Gli scambi culturali e gli incontri son elementi imprescindibili che hanno contribuito ad evolverci nel corso del tempo in quello che siamo oggi…

 

 

 

 

Gli spaghetti corrispondono in un certo verso alla genialità dei popoli che abitano nella penisola italiana, che sono sempre stati capaci di prendere informazioni e abitudini da altri trasformarseli in casa propria e, poi, esportarli. Si dice che Marco Polo abbia trovato i primi spaghetti in Cina ma erano diversi, piuttosto bianchicci e ben diversi dai nostri spaghetti che consumiamo oggi sulle nostre tavole. Alcuni sostengono che l’uso del grano duro che non era nelle abitudini della Roma antica sia dovuto all’accordo con il mondo arabo, il quale lo utilizzava per fare il couscous. Perciò, è possibile che mescolando l’esperienza cinese con quella araba, possa aver dato origine allo spaghetto. Tuttavia, per raccontare l’invenzione degli spaghetti dobbiamo trasferirci nel Regno di Napoli, esattamente nel 1759 quando sale sul trono Ferdinando IV. Il nuovo Borbone sposa Maria Carolina d’Asburgo nonché sorella di Maria Antonietta. Proprio questo incrocio di tradizioni austriache da un lato e francesi dall’altro, cambiarono sostanzialmente le tradizioni gastronomiche del Regno di Napoli. Mentre Ferdinando e Carolina si stabiliscono negli appartamenti reali di Capodimonte, le campagne circostanti vengono ripensate secondo i principi di una nuova dottrina studiata in Francia, ovvero la fisiocrazia pensata dallo studioso François Quesnay. Secondo il suo pensiero, l’agricoltura è la vera base di ogni altra attività economica: se il commercio si limita a trasferire le merci e l’industria a trasformarle, l’agricoltura le fa nascere dal nulla. All’oro sul quale si basava l’economia mercantilista si sostituisce il grano con il quale nasce, appunto, la fisiocrazia. Tutto ciò si collega ad una radicale trasformazione del concetto di sanità; mentre in città si costruisce la grande struttura di albergo per i poveri diseredati, in campagna inizia la prima propaganda per eliminare il vaiolo. Di conseguenza verso la fine del ‘700 si assiste a molteplici rivoluzioni: la prima di tipo sanitario per far crescere in modo esponenziale la popolazione, la seconda alimentare per consentire questa crescita e, non ultima, l’industria che senza l’aiuto della macchina non avrebbe fatto nascere gli spaghetti. Verso la metà dell’Ottocento si costruiscono i primi pastifici industriali in un’operazione di propaganda sensazionale. Per scoprirla bisogna intrufolarsi nella sala ellittica della Reggia di Caserta, dove si può ammirare, tra l’altro, uno dei presepi napoletani più belli mai realizzati; un vero teatro plastico al quale contribuiscono tutti i monarchi Borbonici da Carlo III in avanti. Questo presepe rappresenta uno dei manifesti più importanti della storia dell’umanità, un esempio di come ci si comporta per ottenere risultati necessari e indicati. Il presepe riproduce la classica vita contadina napoletana tra il ‘700 e ‘800 ed esalta le innovazioni fisiocratiche sotto il regno di Ferdinando IV. Inoltre, nelle raffigurazioni compaiono le prime bufale con le loro mozzarelle allestite nei negozi cittadini, finché non si presenta la scena madre della nostra storia: seduto ad un tavolo c’è un contadino che affonda la sua forchetta in un piatto di spaghetti al pomodoro, proprio come li conosciamo oggi, perché è appena stato inventato il pomodoro di San Marzano. Malgrado lo spaghetto non sia un’invenzione made in Italy, di sicuro gli italiani sono riusciti a produrli e a cucinarli a livello mondiale, intrigando le papille gustative degli stranieri. D’altra parte il nostro paese è un vero e proprio manuale di gastronomia vivente, ricco di tradizioni, profumi e sapori indimenticabili.

Marco Rinaldo

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