Avevamo cominciato tutti con il tormentone #IOESCOLOSTESSO, convinti come eravamo, che questo Coronavirus fosse qualcosa di governabile e un tantino esagerato nei toni. Oggi, immersi nella più cruda e dolorosa realtà, ne abbiamo adottato altri come #IORESTOACASA o #CELAFAREMO o ancora #TUTTOFINIRABENE. Ognuno con il lecito desiderio che questo dramma finisca e che tutti, presto, possiamo tornare alla realtà quotidiana. Quella che ci vedrà riaprire presto i nostri alberghi, i ristoranti, i bar e tutte le attività correlate. Tornare tutti al lavoro, cominciare il lavoro stagionale e, finalmente, accogliere i turisti in tutte le nostre località turistiche, le città d’arte, di cura e di ristoro. Solo allora potremo dire di avercela fatta. Di aver sconfitto questo flagello e di avere voltato pagina, consapevoli di aver rischiato tanto e di ciò che dovremmo fare per evitare che simili situazioni si possano ripetere. Al momento però, nonostante le morti, i contagi e le sofferenze di migliaia di persone, ancora non si è presa piena coscienza di questa tremenda realtà. Non tutti si sono resi disponibili a seguire le disposizioni governative, mettendo in serio pericolo la propria e l’altrui salute. Ma se così non si farà, i tempi di rientro alla normalità saranno ancora più lunghi e questa benedetta ripresa si allontanerà sempre più. E poi? Poi ci sarà da piangere o peggio, per tanti non ci saranno più lacrime. Pensate solamente per un attimo al comparto turistico che coinvolge la maggioranza di tutti noi. Oggi la maggior parte degli alberghi italiani è chiusa: quelli annuali hanno messo in ferie forzate i dipendenti mentre quelli stagionali ancora non sanno quando apriranno e, di conseguenza, i lavoratori sono a casa in attesa di essere chiamati. Nel frattempo i più fortunati continuano a percepire l’indennità di disoccupazione, altri nulla. Intanto questa maledizione sta facendo il giro del mondo e quando magari da noi sarà finita, da altri parti sarà in pieno sviluppo. Da qui la nostra riflessione che ci vede protagonisti nel bene e nel male di questa vicenda dal titolo “Che ne sarà di noi”? Perché quando il peggio sarà passato, tutti saremo lì a raccogliere i cocci e a tentare di rimettere in sesto una situazione ormai più che compromessa, dove ci ritroveremo a sperare di riavere quei turisti italiani o vicini di confine e quelli che, invece, non vedono l’ora di urlare ai due mondi che è finita, venendo in vacanza. Per il momento, l’evoluzione del virus se da un lato ci lascia ben sperare in una ripresa, dall’altra ci fa sprofondare nello sconforto vedendo a quale velocità il virus si sta propagando nel resto del mondo. Quel mondo che per noi operatori turistici, è fondamentale per tutti i flussi che, storicamente, da questo sono derivati. Pertanto, non ci resta altro che sperare, immancabilmente, che il tutto passi e presto. Perché seppure con tutti i danni collaterali, è indispensabile che ci venga riconsegnata quanto prima, quella condizione di normalità indispensabile al mantenimento della nostra quotidiana esistenza.
Federico Barbarossa
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