VENEZIA: LA STORIA AFFASCINANTE DEL CANAL GRANDE
Da sempre il Canal Grande è stato definito come “la strada più bella del mondo”, un corso d’acqua prestigiosissimo nel quale si affaccia una sfilata quasi ininterrotta di sontuosi palazzi, teatro di feste e di esecuzioni capitali, dimora di importanti casate e centro pulsante della vita popolare, senza tralasciare il forte richiamo che ha suscitato nel tempo ad artisti, poeti, scrittori, musicisti, principi e regnanti da tutto il mondo. Ma il suo fascino continua ancor oggi a conquistare gli occhi, la mente e il cuore dei visitatori che non rimarranno senz’altro delusi quando percorreranno quest’anima veneziana…
I veneziani chiamano il Canal Grande “Canalazzo”, un nome che, contrariamente a ciò che si può pensare dal suono dispregiativo, significa che è più grande degli altri corsi d’acqua che percorrono la città. Infatti, il Canalazzo è l’unico canale propriamente detto, mentre tutte le altre vie d’acqua si chiamano rii. Fin dalle origini, il Canal Grande fu la vera linfa di vita e di salvezza per quei popoli veneti che, dalla terraferma, furono costretti a rifugiarsi nelle isole lagunari a causa delle invasioni barbariche che di lì a poco portarono al declino dell’Impero Romano d’Occidente. Dopo i primi insediamenti avuti luogo nell’isola di Torcello, presso gli isolotti di Rialto cominciarono a stabilirsi nuove popolazioni in fuga dai Franchi creando un primo governo dogale in laguna. Le sue acque vennero solcate per secoli da ricchi mercanti e ambasciatori, condottieri stranieri, ma anche da coraggiosi ammiragli veneziani che dopo aver passato lunghi mesi se non anni fuori Venezia, rivedere il Canal Grande era sinonimo di essere rientrati a casa. Sulle rive della “strada più bella del mondo”, come la definì l’ambasciatore francese Philippe de Commynes, si specchiano i più prestigiosi palazzi cittadini realizzati dalle sapienti mani degli architetti che si sono susseguiti nella storia e che, tutt’oggi, si contraddistinguono per le loro gradinate di ingresso dall’acqua, per le terrazze che si affacciano nel canale e per le facciate policrome che donano tonalità senz’altro più suggestive di colori alla luce dell’alba e al tramonto. Navigando oggi lungo il Canal Grande si potranno ripercorrere le numerose vicende che hanno avuto luogo sia sulla sponda di sinistra (De Citra) sia sulla sponda di destra (De Ultra). Una curiosissima storia parte proprio ai piedi del ponte degli Scalzi, vicino alla stazione ferroviaria Santa Lucia. Qui prende spazio il palazzo Soranzo Calbo Crotta, dimora che ospitò una ricca famiglia di mercanti del ‘300. In quel tempo, venne eletto doge Giovanni Soranzo e per celebrare questo importante evento ebbe l’idea un giorno di invitare a pranzo Dante Alighieri. Quando tutti i commensali si sedettero a pranzo, lo scrittore fiorentino osservò che il pesce servito nel suo piatto era di dimensioni ridotte rispetto a quello degli altri invitati. Dante, dunque, prese il pesce e lo avvicinò all’orecchio fingendo che gli stesse per comunicare qualcosa. Il doge rimase stupito dal suo gesto e gli chiese che cosa stesse facendo. Dante rispose che molti anni fa suo padre era morto in quei mari e chiedeva notizie al pesce. Giovanni Soranzo incuriosito chiese: “Eh cossa el ve dize?” “Dice che è troppo giovane per ricordare qualcosa, ma che in questo tavolo ce ne sono di più vecchi che sapranno certamente dargli una risposta.” Alle parole pronunciate dal poeta, il doge si mise a ridere a crepapelle e ordinò alla servitù di portare un pesce più grande. Proseguendo la navigazione ci avviciniamo verso il famoso ponte di Rialto. Di fronte al noto mercato del pesce, quindi nella parte De Citra ovvero di sinistra, si erge uno dei palazzi più caratteristici e secolari: Ca’ da Mosto, un edificio di gusto veneto-bizantino del XII secolo. Qui nacque Alvise da Mosto, uno dei navigatori veneziani più famosi del Quattrocento che, sotto la corona del Portogallo, percorse il Senegal e la Gambia al fine di fissare scambi commerciali e individuare nuove fonti dove trarre l’oro, in quanto gli europei erano soliti acquistarlo dagli africani del Mediterraneo. Dopo averci lasciato il Ponte di Rialto alle nostre spalle, un semplice edificio in stile rinascimentale richiama la nostra attenzione per il suo passato. Si tratta di Ca’ Cappello Layard, un palazzo che alla fine dell’Ottocento divenne la dimora dell’archeologo e ambasciatore inglese Austen Henry Layard, divenuto celebre per le scoperte della città assira di Ninive. Egli arricchì il suo edificio con una vasta raccolta d’arte, donata dalla moglie alla National Gallery di Londra. Inoltre, Layard fu uno dei fondatori di una nota azienda veneziana che gettò le basi per far rinascere la lavorazione del vetro recuperando antiche tecniche di lavorazione e il cui prestigio vide un forte declino durante l’occupazione austriaca.
Raggiungiamo finalmente una delle vedute più belle e fotografate dai visitatori ovvero Punta della Dogana, una sottile punta triangolare prospiciente il bacino di San Marco. Il nostro sguardo si focalizza subito sulla bianca torre sovrastata da una palla d’oro che raffigura il mondo sostenuto da due Atlanti, ma la leggenda che si cela dietro a Punta della Dogana è a dir poco sconcertante. Si narra che in una grande cavità posta sotto la Dogana dimori un terribile mostro simile a un enorme serpente di mare. Questo mostro si farebbe vedere molto raramente e solo nelle notti senza luna, quando l’acqua del bacino di San Marco è molto scura… Da ciò deriverebbe il nome di “mostro delle acque nere”. L’ultimo avvistamento risale al 1933, quando due pescatori di seppie giurarono di aver visto uscire dall’acqua e divorare un gabbiano in un sol boccone! Leggende e misteri pervadono ogni singolo angolo di Venezia e solamente chi possiede le chiavi della città ha il potere di farle rivivere agli ospiti, facendoli stupire nei racconti intriganti che si nascondono nella laguna.
Marco Rinaldo
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